Da inizio mese è attivo il fermo biologico della pesca che interessa il mar Tirreno, lo Ionio, le isole e altre zone, con durata di un mese fino al 30 ottobre. L’interruzione obbligatoria e regolamentata riguarda principalmente la pesca a strascico con reti invasive, nell’ottica di favorire il ripopolamento delle risorse marine e la tutela degli ecosistemi marini. Rimarranno in porto i pescherecci del compartimento marittimo di Roma, compresi quelli di Fiumicino e Anzio, con alcune eccezioni per pochissime imbarcazioni autorizzate ad andare in mare.
Nonostante il fermo, il consumo di pesce italiano sul mercato sarà garantito grazie alla piccola pesca costiera, all’acquacoltura, alle draghe e alle zone non soggette a fermo. È consigliato prestare attenzione alle etichette di provenienza per favorire il pescato nazionale rispetto a quello importato, dato che la dipendenza dall’importazione è aumentata fino al 90% negli ultimi decenni.
Il fermo pesca è considerato una scelta obbligata per scongiurare il collasso biologico delle specie marine più sfruttate, come lo sgombro e il melù, anche se si sottolinea la necessità di una governance più efficace e di regole basate su dati scientifici aggiornati. La flotta italiana vive un momento critico anche a causa del drastico taglio dei fondi europei destinati alla pesca, che ha già ridotto di un terzo il numero delle imbarcazioni e molti posti di lavoro.
Ad ogni modo durante il fermo, i pescherecci dovranno affrontare costi di manutenzione e il pagamento dei salari, mentre grossisti e ristoratori dovranno trovare canali alternativi di approvvigionamento. Criticità sono segnalate anche per la piccola pesca, che con regole meno stringenti potrebbe sfruttare la situazione.
Il fermo pesca 2025 rappresenta certo una misura imprescindibile per la sostenibilità del mare Mediterraneo, con l’obiettivo di tutelare la biodiversità, favorire il ricambio generazionale e incentivare la de-carbonizzazione della flotta, pur in un contesto di difficoltà economiche e regolatorie significative.
E per i lavoratori del settore? E’ previsto un sostegno economico fino a circa 30 euro giornalieri per i lavoratori dipendenti durante i periodi di fermo, oltre alla contribuzione previdenziale obbligatoria con aliquote aggiornate. È riconosciuta inoltre una forma di ammortizzatore sociale per un numero limitato di operatori autonomi privi di rapporti subordinati, ma le cifre del sostegno restano modeste rispetto ai costi e ai rischi del lavoro di pesca. Tuttavia, alcune categorie come armatori e titolari di impresa non hanno coperture analoghe e la riduzione delle imbarcazioni ha inciso negativamente anche sull’occupazione e la sicurezza del lavoro.
Il fermo pesca tutela certamente l’ambiente ed è molto probabilmente necessario per garantire il futuro del settore, ma è anche evidente la necessità di assicurare tutele economiche, previdenziali e di sicurezza più efficaci per i lavoratori del settore. Questo per non far ricadere esclusivamente su di loro il “peso” delle restrizioni ambientali assicurandogli comunque condizioni quantomeno normali e dignitose.